Feeds:
Articoli
Commenti

Posts Tagged ‘triskele’

Siculu Sugnu!

 “Nessuno più dell’antico Popolo dei Siculi ha marcato l’identità dell’Isola, a tal punto che essa si chiama ancora Sicilia e i suoi abitanti si chiamano ancora Siciliani”. Fin dalla mitica Notte dei Tempi, da quando i primi uomini si misero in cammino dagli altipiani etiopici per cambiare il volto del nostro Pianeta, le migrazioni e le sedentarizzazioni vanno considerate fondamentali chiavi di lettura della Storia Umana. Sebbene non manchino eccezioni, l’ethnos, l’identità di un popolo, si forma, in primo luogo, in relazione al tellus, all’anima stessa dei Luoghi, e al modo in cui, nel corso di un paio di generazioni, dunque mezzo secolo e non di più, le comunità organizzate degli Uomini si insediano in un determinato territorio. Poi, anche per millenni -malgrado cataclismi e quant’altro- potrebbe anche non accadere più nulla di fondamentale. L’insularità mediterranea della Sicilia, agendo nell’invarianza come luogo di accumulo di energie umane, ha plasmato e sfaccettato la psiche e i caratteri del suo Popolo fin dalle epoche più remote. E il sostrato di questo Popolo, al di là degli innesti successivi, è fondamentalmente riconducibile al misterioso “Regno Millenario” dei Siculi. Volendo focalizzare il discorso sulla Storia della Sicilia antica -che, per dirne una, non comincia certo con i cosiddetti “Greci”- vediamo dunque di alzare uno sguardo più autentico su quella dei Siculi, cioè del demos, del popolo, grazie al quale la nostra Isola si chiama ancora oggi Sicilia e i suoi abitanti ci chiamiamo ancora oggi Siciliani. E non altro.
Secondo una delle diverse ipotesi formulate sull’origine del Popolo dei Siculi, essi sarebbero sorti da una differenziazione remota degli antichi Sikani. Dunque si sarebbero mossi dall’Isola stessa, avanzando a nord, fino all’attuale Lazio, dove si insediarono fondando villaggi e città: anche quello sul quale, poi, sorse Roma. Questa Tesi non esclude, tra le altre, la loro appartenenza ai Popoli del Mare di cui narrano alcune iscrizioni egizie, né un loro insediamento in Anatolia e Palestina, né, d’altronde, un loro passaggio balcanico muovendo dalle steppe eurasiatiche fino all’Adriatico. Daremo voce a tutte le ipotesi tentando di costruire un modello dinamico attento, per quanto è possibile, alle cronologie. Di migrazioni e sedentarizzazioni, di onde demiche e sfaldamento di popoli, si discuterà ancora a lungo: ma i mezzi, per fortuna, non sono più quelli dell’archeologia ottocentesca, per quanto ampi settori del mondo accademico nostrano ne accettino ancora i modelli interpretativi e i pregiudizi. Ad ogni modo, tra le città sicule del centro Italia, sono attestate anche Cotila, Agilla, Alsio, Aricia, Ceretani, Falerio, Fascennio, Pisa. E in ogni caso, dunque, quando fin dalla prima elementare ci dicevano che “discendiamo dagli antichi romani” avremmo dovuto regalare una pernacchia alla maestrina invece di fare il tifo per Scipione l’Africano.
Poiché, in una certa misura, potrebbe essere vero il contrario. Perfino Virgilio, poeta di corte in età augustea, scrisse il contrario. Solo per dire di quanto complessa sia la tematica e allo stesso tempo di quanto occultata al senso comune permanga la Verità che vuole nel “Regno Millenario” dei Siculi, nell’Isola di Trinakria, un luogo costituente dell’Identità siciliana. Mille anni, nell’Athanor dell’insularità mediterranea, sono un Tempo Lungo che va indagato con rinnovato impegno. La storia dei Siculi -navigatori e allevatori di cavalli, coltivatori e guerrieri- si concretizza nel “Regno Millenario” che ebbe nelle Valli dei Palikoi, i Gemelli Santi identificati coi Laghetti di Naftìa, il suo cuore di zolfo spirituale e politico. Scriveva Virgilio, intorno all’anno 30 a.C.: “Symaethia circum flumina, pinguis ubi et placabilis ara Palici…” (Eneide, IX).
Intorno alle simetine correnti, laddove ricca e misericordiosa è la terra sacra dei Dvi Palikoi, i Gemelli protettori degli esuli, degli schiavi e delle donne in fuga. Quelle stesse Terre dei Siculi che, quattro secoli prima, erano state teatro dell’epopea di Ducezio, “il Siciliano che condusse la prima Guerra d’Indipendenza che la Storia ricordi”. Il Ducezio, Signore delle Valli dei Palikoi, per meriti acquisiti sul campo divenne Condottiero dei Siculi. Poliglotta e abile diplomatico, ne catalizza le aspirazioni in una fase specifica della Storia siciliana, un secolo di “guerre costituenti”. Scuncicando cento siciliani per strada, domani mattina, quanti saprebbero rispondere decentemente non a chissà quale quiz di storia antica, ma alla semplice domanda: perchè ti chiami Siciliano?. Lo Spettacolo neocoloniale, a tutti i livelli, ha cancellato tracce, disperso segni, confuso l’Ordine delle cose. Ciò è accaduto, e ci appare di gravità inaudita. Il passato è solo il luogo delle forme senza forze, scrive Paul Valéry. Sta a noi restituirgli vita e necessità attraverso le nostre passioni e i nostri valori, cercando Verità e Bellezza nelle cose del Mondo, cercando, in breve, quella Salute autentica che si genera dal radicamento in una Terra assoluta, cosmica, concreta, che puoi chiamare patria-matria e accarezzare con gli occhi del Sintimentu, sicula concrezione di Cuore e Cervello.
Anthony Smith, che insegna sociologia alla London School of Economics and Political Science, in un suo libro intitolato “Le origini etniche delle nazioni” (il Mulino), sostiene che “le etnie non sono altro che comunità storiche costruite su memorie condivise“. Ma la cultura identitaria -scrive Franz Fanon nel suo “I dannati della Terra“- non è il folclore in cui un populismo astratto ha creduto di scoprire la verità del popolo. Nè quella massa sedimentata di gesti sempre meno riallacciabile alla realtà presente del popolo. La cultura identitaria è l’insieme degli sforzi fatti da un popolo sul piano del pensiero per descrivere, giustificare e cantare l’Azione attraverso cui il popolo si è costituito e si è mantenuto. La cultura identitaria, nei paesi colonizzati, e questa Sicilia colonia è, deve dunque situarsi al centro stesso della Lotta di Liberazione. Un Popolo incapace di elaborare dinamicamente e condividere criticamente una propria Memoria storica non sarà mai capace di esprimere il meglio di sé, di essere qualcuno o qualcosa in forme radicate e autentiche; dunque tanto più facilmente potrà essere plasmato, addomesticato, sradicato. Dominato. Da chi? Dallo Spettacolo neocoloniale inscenato dai Poteri Forti di turno: che oggi dispongono di mezzi subliminali che nessun Potere ebbe mai a disposizione. Questo sito web, ch’è voce d’un più vasto Cammino, è una piccola e concreta risposta a duemila anni di silenzio su un Popolo antico che ha ancora tante cose da insegnarci, soprattutto la Dignità.

Mario Di Mauro

Read Full Post »